Quel bisogno di partire

In una mia intervista, in occasione del concerto di domani – 20 maggio – al teatro Novelli del grande coro guidato da Laura Amati e Anna Tedaldi, e composto dai musicisti di Amarcanto, dal popolo dell’associazione Il Ponte sul mare, più tanti altri appassionati, Ivana ed Angela raccontano che questa esperienza incredibile (hanno riempito per 3 anni di fila il teatro Novelli, provano instancabilmente durante l’inverno per raggiugnere risultati da veri professionisti, vivono un’amicizia che travalica ogni confine e grazie a Skype giunge fino in Uganda), è nata fondamentalmente da un bisogno. Il bisogno che la vita non sia una scontatezza, che non sia rinchiusa in stretti ambiti, che possa abbracciare il mondo intero. È infatti l’urgenza che il vivere sia pieno e intenso, quanto porta i genitori de Il Ponte sul Mare a mettersi insieme e ad incontrare altri, in quel di Rimini, e poi altri ancora in ambito nazionale e poi, come si diceva,  internazionale, giungendo all’ Uganda, dove sostengono 13 ragazzi nel loro corso di studi presso la Luigi Giussani High School di Kampala (Si veda qui l’intera intervista).

Lo stesso bisogno ha raccontato il dott. Fossà, il medico AVSI che sarà presente domani per testimoniare la sua attività di missionario laico dal 1974. In una ulteriore intervista, gli ho chiesto quale fosse il “guadagno” del partire. Per lui il partire è stato reale, fisico, prima in Congo  e poi nei luoghi più martoriati della nostra storia recente, come Damasco ed Erbil. Fossà sostiene che “guardare i bisogni della realtà fa scoprire di quante risorse siamo capaci, di quante energie siamo in grado di dispiegare”. Parla di una “curiosità affettiva, che ci porta a interessarci di tutto amandolo” (Qui l’intera intervista). 

Quella dei riminesi del “corone” e del medico milanese – “adottato” da altri continenti – è  la prefigurazione di una vita diversa, di un’esistenza che rinasce, spinta da una operosità di uomini “del di dentro”, direbbe Peguy, e non semplicemente del “di fuori”.

C’è un bisogno estremo di questa energia nella nostra società riminese ed italiana.

Nella scuola, nel lavoro, nelle famiglie occorre scoprire questa uscita da sé (dai propri confini, dalle proprie ragioni, dalle proprie opinioni) per abbracciare l’interezza del reale, che in primo luogo si configura come l’altro, il diverso, l’inaspettato.

La serata di sabato 20 sarà un’occasione per imparare questo. Un punto illuminante per l’intera città. E dunque un gesto non solo di buon cuore, ma profondamente, intimamente, nobilmente ragionevole, anzi propriamente razionale, culturale, perfino politico.

Per una società e una vita migliori, siamo chiamati “a partire”. Anche stando semplicemente al proprio posto.

Questo il punto: guai a stare fermi. Partire, anche stando al proprio posto.

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