Liberi di scegliere
regia di Giacomo Campiotti
con Alessandro Preziosi
90 min. – Visione gratuita
“Non esiste un confine indelebile tra buoni e cattivi.”
La lotta appassionata e drammatica di un giudice per mostrare ai figli delle famiglie della ‘ndrangheta che fuori dagli spazi chiusi delle loro case esiste un altro mondo, un’altra possibilità di essere amati.
giovedì 6 maggio 2021, ore 21
sul canale youtube Il portico del vasaio
Introduzione al film
con Roberto Di Bella,
giudice del Tribunale per i minorenni (live a partire dalle ore 21)
A seguire,
sulla stessa pagina Youtube, sarà disponibile il link per la visione del film
Note tecniche
Per la visione dei film del ciclo occorrerà un personal computer o una smart tv collegati a internet e una carta di credito per l’eventuale pagamento del noleggio. In alcuni casi sarà necessario registrarsi alla piattaforma.
Gli altri appuntamenti in preparazione
* L’uomo che uccise don Chisciotte
* Il sale della terra. In viaggio con Sebastiao Salgado
* Miguel Manara
* Van Gogh, sulla soglia dell’eternità
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Materiali di presentazione
La nostra scheda del film, una intervista video a Roberto Di Bella e una ad Alessandro Preziosi che nel film interpreta il magistrato

Liberi di scegliere, un film di Giacomo Campiotti, con Alessandro Preziosi
Il film propone un’appassionata narrazione di un’avventura intensamente umana, compiuta da una parte dal giudice Marco Lo Bianco come magistrato in servizio presso il Tribunale per i Minorenni di Reggio Calabria, e dall’altra da Domenico, giovane e ultimo rampollo di una potente famiglia legata alla ‘ndrangheta.
Il racconto è quello di un uomo (il giudice Lo Bianco) che si occupa quotidianamente di procedimenti penali in cui gli imputati sono ragazzi adolescenti, molti dei quali cresciuti in contesti familiari imbevuti della cultura criminale tipica della malavita locale: un sistema di valori in cui la famiglia e l’onore rappresentano gli ideali supremi ai quali sacrificare tutto (e per i quali si è disposti a tutto), un mondo nel quale non è concesso avere sentimenti, in cui le donne hanno un unico ruolo da assolvere (quello di accudire la prole), in cui i giovani rampolli delle famiglie mafiose vanno incontro ad un destino già scritto (venire coinvolti nelle attività illecite dei clan) e al quale non è possibile sottrarsi se non a un prezzo altissimo. La realtà del contesto è dura, ostinata, urticante e testarda: ben presto il magistrato capisce che la ‘ndrangheta non si sceglie, si eredita.
La vicenda di Domenico è la triste e inesorabile conferma: figlio di un pericoloso boss latitante e fratello di un giovane uomo già resosi colpevole di gravi delitti, il giovane rampollo sembra avviarsi alla stessa sorte già scritta dei propri congiunti, ma l’incontro con il giudice Lo Bianco apre una prospettiva imprevista e imprevedibile. Pur uscendo assolto da un procedimento penale nel quale era imputato, si vede costretto ad abbandonare la propria famiglia e la propria terra per essere affidato ad una comunità di recupero di Messina. A stabilirlo è il Tribunale per i Minorenni di Reggio Calabria, nella persona del suo presidente, il giudice Lo Bianco, che intraprende una strada accidentata e nettamente in salita nel tentativo di mostrare a Domenico che un futuro diverso, una vita diversa sono possibili.
L’intuizione del giudice arriva guardando e scoprendo negli sguardi dei ragazzi che incontra nelle aule di Tribunale un inconfessabile senso di malessere, di sofferenza, di oppressione: l’idea che la ‘ndrangheta produce dolore e sofferenza non solo in coloro che ne subiscono l’oppressione ma anche negli oppressori stessi. Dunque non criminali irrecuperabili, ma adolescenti che potevano (e dovevano) essere aiutati: un dialogo era possibile e Marco Lo Bianco non voleva lasciare nulla di intentato, ormai pienamente e umanamente coinvolto con il destino di quei ragazzi.
Se si voleva davvero dare una possibilità diversa a quei ragazzi, il magistrato intuisce che occorreva necessariamente far vedere loro che la vita poteva essere davvero un’altra cosa, offrire loro un paradigma culturale e affettivo diverso e quindi trasferirli in altri contesti e territori.
Liberi di scegliere, dunque, è un film che, oltre a raccontare una vicenda umana e professionale realmente accaduti (il film si ispira all’omonimo libro scritto dal dott. Roberto Di Bella, Presidente del Tribunale per i Minorenni di Catania), grida al mondo che la libertà dell’uomo (di ogni uomo) può risorgere anche dal baratro più fondo e nero quando viene stimata e sfidata a riconoscere l’attrattiva e il fascino del bello e del vero.
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