Una lettera di Flannery O’Connor su “La saggezza nel sangue”

Lettera a Carl Hartman
Milledgeville, 2 marzo ’54
Quanto mi piacerebbe saper rispondere a tutte queste domande, e ci proverò seriamente anche se è sempre una faticaccia essere onesti e ormai ne parliamo per lo più «a cose fatte»; saprà senz’altro che ho scritto il libro come l’avrebbe scritto Enoch, senza sapere troppo bene il perché e il percome ma sapendo che era giusto. Penso che nel libro sia tutto giusto e questo mi lascia di stucco.
L’opinione che ho della sua opinione del libro è che è (la sua opinione) troppo limitata e questo immagino la farà ridere.
Ritengo che non si possa essere un buon Cattolico senza essere di vedute ecumeniche. La saggezza nel sangue parla di un santo Protestante ed è scritto dal punto di vista di un Cattolico. Non intendo certo alludere a un legame diretto tra il Cattolico con la C maiuscola e il semplice fatto che Haze dichiari l’inesistenza della caduta e del peccato, ma per prima cosa lei deve accettare il fatto che il libro è scritto da una che crede che ci fu una caduta, ci sia stata una Redenzione e ci sarà un giudizio. È questo che credo in quanto Cattolica ed è a questo che alludo dicendo che Haze non ha scampo (nei suoi termini, però, non nei miei), perciò immagino che se lei vuole dire (non è tenuto a dirlo) che l’ironia è diretta contro Haze per aver decretato che non c’è stata nessuna caduta, è nel giusto (Santo Cielo!) ma soltanto a metà perché se dietro non ci fosse altro, questo conterebbe ben poco.
Il libro parla di uno la cui insistenza su quella che gli piacerebbe considerare la verità lo conduce all’ultima cosa che vuole. L’ultima cosa che Haze vuole, per come la vedo io, è essere redento. La prima cosa che vuole è che l’uomo si sbarazzi di Dio. Enoch, che ha la saggezza nel sangue, coglie appieno com’è l’uomo senza Dio e lo offre allo sguardo di Haze su un piatto d’argento.
Ha ragione lei, Haze non ha commesso peccati specifici secondo il canone. Però ha un grande senso del peccato, perché gli hanno insegnato a credere nella Redenzione. Se non ci avesse creduto, non si sarebbe visto costretto a rifiutarla con tanta forza (la società di Taulkinham non esercitava nessuna pressione). Percorre un miglio con i sassi nelle scarpe per rimediare all’occhiata che ha dato alla donna nel numero della bara. La Redenzione crea un debito che va pagato. (Questo è un fatto per chiunque si consideri redento da Cristo.) La Redenzione cambia tutto. Il fatto è che per quanto ci provi Haze non riesce a liberarsi dal senso di quel debito e dalla sua visione interiore di Cristo. La signora Watts lo capisce al volo. (Non capisco perché una come la signora Watts lo capisca e tutti gli altri no.) Lo capisce perfino il tassista.
Dal mio punto di vista Haze raggiunge l’assoluta integrità solo quando si acceca. Finché predica la Chiesa Senza Cristo va contro la saggezza che ha nel sangue. Haze e Enoch hanno tutti e due la saggezza nel sangue, una cosa che ti consente di andare nella giusta direzione alla ricerca di ciò che vorresti. La saggezza di Enoch lo porta dentro un costume da scimmia e quella di Haze lo porta sempre più dentro se stesso dove uno dovrebbe trovare la risposta. Quando dico che nega il suo ritorno alla croce intendo solo che il totale nichilismo lo ha riportato alla Redenzione passando per la strada più lunga (o forse a ben vedere è la più breve) .
Mi rendo conto che questo la disgusta. Magari potessimo salvare capra e cavoli. Non credo però che una sola parola di quello che ho detto contraddica lo spirito inequivocabile del libro, vale a dire che gli esseri umani hanno libera scelta. lo come Cattolica considero H. Mortes l’unico uomo del tipo giusto, date le circostanze. Se l’ironia si indirizza contro di lui è perché è l’unico del libro in grado di sopportarla. Signore Iddio, come sarebbe possibile fare ironia su Enoch? Scopre sì che essere un animale non è un gran divertimento, ma questo al massimo è divertente. Non è ironia a tutto tondo, a mio modo di vedere.
Accecandosi, Haze ripiega totalmente su una visione interiore. Ironico è che abbia iniziato predicando la Chiesa Senza Cristo e alla fine si ritrovi con Cristo senza una chiesa. Un Cattolico non può scrivere di un mondo cattolico perché tale mondo non esiste e gli tocca scrivere di un mondo protestante e lei ha ragione a dire che ho indirizzato l’ironia contro quel mondo protestante o contro la società che legge male la Bibbia e i cataloghi della Sears Roebuck, ma Haze ne è pervaso e ne fa parte, è il Protestante per eccellenza; anche se lo trascende. Non è un aut aut, sono le due cose insieme, che si compenetrano. Le dirò, lei ha ragione, ma non abbastanza.
Non voglio lasciar intendere che Haze sia Cristo ma credo che chiunque, attraverso la sofferenza, prenda parte alla Redenzione, e credo che a soffrire maggiormente sia chi vive più vicino a tutte le possibilità della miscredenza. Kierkegaard forse fa un po’ di luce su questo argomento ma non avevo letto Kierkegaard quando ho scritto il libro.
Scegliere tra due sciocchezze non è libera scelta, la scelta va fatta tra paradiso e inferno, per quanto è dato coglierne le rispettive colorazioni in un mondo grigio. Ma il libro dice senzaltro che alla fin fine è proprio l’uomo a dover scegliere cos’è peccato e cosa non lo è, cioè che a sancirlo è la coscienza. Ma, paradosso o meno, e a parte il libro, personalmente credo in questo perché a insegnarlo è la Sacra Chiesa Romana Cattolica & Apostolica, cfr. la scomunica di padre Feeney a Boston per aver predicato che non esiste salvezza fuori dalla Chiesa cattolica.
Le penitenze sono senz’altro atti di rivendicazione pur essendo istintivi. Qui Haze rivendica in modo supremo di avere la saggezza nel sangue. Quando dice che lo fa per pagare, intende per pagare la sua parte di debito della Redenzione.
Se lei prova un vago orrore per il fatto che credo in questi misteri cristiani deve capire che la mia fede sopravvive allo sforzo di affrontare l’intero problema (nel libro) dal suo punto di vista – che poi è quello di Haze quando dichiara che non esistono. Direi. Lei probabilmente non ha immaginato cosa significhi scrivere in quanto Cattolica, sapendo che nel leggerli penseranno quasi tutti che ciò in cui credi è una scempiaggine bella e buona. (Questo spiega in parte come mai il libro è grottesco e lei ha temuto che mordessi a prima vista. Non mordo.) C’è chi scrive (Orwell] che, per il fatto stesso di essere Cattolici, i Cattolici non possono scrivere romanzi.
Deve scusare il tono di questa lettera che finora sembra la Prima Epistola ai Pagani. In realtà non sono bigotta come sembra. È solo che purtroppo ho la visione di Haze e l’indole di Enoch. Ma se qualcosa di quello che ho detto le sembra sensato, conto di ricevere di nuovo sue notizie.
Quanto alle conferenze (per inciso, non facevo la furba quando ho detto che non ho cultura. L’istruzione non mi è stata d’aiuto né di danno, me la sono solo portata dietro), ne ho tenute due. Una a un circolo ternminile. Il senso del messaggio è stato che se non la piantavano di leggere schifezze sarebbero finite tutte sulla graticola dell’inferno. Ho finto di essere Billy Graham. L’altra è stata sul Romanzo, in un college di qui: 400 ragazze che non sanno distinguere un romanzo da un buco in testa, molto colpite da tutto quello che ho detto come lo sarebbero state se avessi detto il contrario. Tengo bei discorsetti a chi non sa niente mentre alla Cornell non potrei dire niente che non abbiano già sentito. Quello che faccio davvero è leggere i miei racconti piuttosto bene, almeno cosi mi dicono, e sono sicura che anche quando non li leggo bene il pubblico si diverte a sentire il barbaro accento della Georgia. Insomma, anche se certe cose non sono il mio genere, quando posso non mi dispiace allontanarmi dalla città e per questo non serve quasi opera di persuasione.

Flannery O’Connor

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